martedì 31 maggio 2016

LETTERA DI UNA PROFESSORESSA AI SUOI STUDENTI



Insegno alla "scuola media" (tutti la chiamano ancora così) e incontro ogni giorno molti ragazzi -dagli undici ai quattordici anni- che passano almeno cinque ore fra i banchi. 

Alcuni tentano letteralmente di sopravvivere, arrabattandosi tra regole, materiali, lezioni, compiti, laboratori e insegnanti. Per loro il momento migliore probabilmente è l'intervallo...
 
Altri sono convinti di essere in un ambiente nemico e si preparano alla guerra con atti di disturbo che possono a volte trasformarsi in azioni provocatorie o vandaliche. Sono ragazzi che a modo loro stanno cercando di crescere. Solo lo stanno facendo, come dice il proverbio africano, "con molto rumore".

La maggior parte dei ragazzi invece vive la scuola come un banco di prova, cercando di soddisfare le aspettative dei genitori più che le proprie. 


Il percorso di un ragazzo di questa età non è facile 
perchè si trova proprio nel mezzo della sua personale metamorfosi 
da bambino a uomo ( o donna).


 Purtoppo noi adulti tendiamo spesso a dimenticarci di questo. 


Ci sono infine anche ragazzi che vivono l'esperienza dell'apprendere con passione ed entusiasmo, con la voglia di scoprire e di confrontarsi, di capire e di esprimere  se stessi e il proprio pensiero, di diventare capaci di autonomia. 

È una soddisfazione incontrarli, anche se la soddisfazione maggiore per me resta quella del vedere nascere l'interesse dove prima c'era la stanchezza o la passività.


Quando invito i ragazzi a riflettere sul loro percorso di apprendimento, scopro con soddisfazione che la scuola li ha aiutati molto.  


Gran parte dei miei studenti dicono che a scuola hanno imparato 

a pensare, a scoprire il mondo, 
a non essere troppo impulsivi nel giudizio, 
a rispettare gli altri, 
a cercare di capirli, 
a dare importanza alle parole, 
a impegnarsi per raggiungere un obiettivo,
 ad avere delle mete... 

 E non necessariamente si tratta di ragazzi con le valutazioni disciplinari più alte.


 
(illustrazione di Nicoletta Costa)



Chi lascia una scuola conclude un'esperienza che lascerà sicuramente un segno nella propria vita. 

Il mio pensiero va a tutti i ragazzi che stanno per affrontare gli esami.

Sarebbe bello andare via con lo sguardo sereno di chi vede ciò che di positivo ha vissuto, di chi si rende conto della cura che gli è stata rivolta dal personale della scuola: dai bidelli che sempre si prendono cura dei ragazzi , soprattutto nei momenti in cui questi sono più fragili (quando stanno male, quando per vari motivi devono chiamare casa..), dai docenti che hanno curato - ciascuno con il proprio stile- la loro crescita cognitiva e personale, dagli esperti incontrati in occasioni particolari...

Crescere significa trasformare i vari momenti della vita in esperienze, ricordando che si diventa grandi quando si riconosce l'altro con quello che ci ha dato, si dice grazie e si comincia a "restituire".

Quindi un "in bocca al lupo a tutti"... e date sempre il meglio di voi.



Paola

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