mercoledì 8 gennaio 2014

Cosa ne dite, partiamo insieme?

Ci siamo guardate un po’ attorno e abbiamo visto: persone sole; genitori disperati; figli sregolati; comunità frammentate; sguardi senza futuro.
Ma abbiamo visto anche: persone che desiderano relazioni, contatti, legami; genitori che cercano aiuto e genitori che ne danno; figli che chiedono che sia posto loro un limite, un abbraccio, un contenimento; un domani ricco, sereno, perché costruito insieme.
Molte delle problematiche citate ci riportano a quella che gli esperti definiscono “modernità liquida”, una realtà caratterizzata da sempre meno strutture forti, legami duraturi, desideri, progetti e speranze. L’individuo, separato da formazioni sociali, identità locali, nazionali o etniche, si preoccupa solo del proprio benessere individuale, del proprio piacere immediato, della chiacchiera, dei consumi usa e getta. Ecco così che si va verso una sorta di individualizzazione che porta a essere atomi senza legami, soli e in solitudine; l’individuo è sempre più convinto che il suo successo/insuccesso dipenda esclusivamente dalle proprie capacità, senza nessun soccorso da parte della società. Come conseguenza si va anche verso una deregolamentazione e privatizzazione dei compiti, caratteristiche di una società dell’individuo autonomo che si auto-decide e che sceglie da solo la propria strada.
Se l’individuo è solo, lo sono anche i genitori e le famiglie. Famiglie sempre più distanti, poco disposte alla collaborazione e all’aiuto reciproco, ci si chiude nel proprio piccolo rango, soprattutto per la convinzione della non ingerenza. Si è fin qui creduto, infatti, che l’educazione familiare dovesse ricadere solo nell’ambito del privato, si è enfatizzata l’autosufficienza soprattutto normativa delle famiglie. Chi interviene da fuori è visto come un intruso, i rimproveri orizzontali nella comunità sono sentiti come invadenti e inopportuni.
Sono situazioni nate dal forte desiderio di auto-determinazione (“io sono libero, artefice del mio destino, non mi faccio condizionare da nulla”). Le possibilità di scelta sono infinite, ma di fatto quest’assenza di limiti, di confini impedisce proprio di scegliere e di definire la propria vita. Risultato: indecisione continua. Il mondo si sta trasformando in una distesa di opportunità pronte a essere colte dagli individui per guadagnare il maggior numero di soddisfazioni possibili. Ma questo tipo di vita è una vita “liquida”, costituzionalmente incapace di mantenere invariata la propria forma e seguire per lunghi tratti la stessa rotta. Una vita caratterizzata da successioni ininterrotte di nuovi inizi, vissuta in condizioni di continua incertezza, con la paura di essere colti alla sprovvista, di rimanere indietro e perdere il momento della svolta.
La fiducia nel futuro è labile, le relazioni si disgregano, la rete si fa più leggera, gli individui e le famiglie sono sempre più fragili, soli, con la convinzione di poter contare solo su se stessi.
Come potersi, allora, auto-determinare, auto-costruire se ci si sente persi, proprio perché slegati da ogni vincolo? E se fossero proprio questi vincoli la nostra ancora? Se anziché chiamarli vincoli, li chiamassimo legami? Non è forse di persone che sentiamo la mancanza?
Il vincolo è un limite che mi contiene, è un legame e un nodo che ancora e fa crescere. Ecco qui l’importanza di una rete condivisa e condivisibile. Ecco qui l’importanza di poter contare su qualcuno, di sentire il calore e la vicinanza dell’altro, di poter mettere a disposizione reciprocamente le proprie potenzialità.
Insieme si può.


Noi ci siamo. E voi?

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